I funeracconti

March 19, 2012
I funeracconti cover
by Benedetta Palmieri
Feltrinelli, 140 pp., € 14.00
 

ELENA CAMPANI 

 
Abituati a vedere artisti e scrittori trattare il tema della morte in maniere piuttosto estreme, dal pulp allo spiritualismo olistico passando per gli psicodrammi stucchevoli, questo libro ci colpisce perché lo affronta con un equilibrio e un decoro tanto rari quanto vagamente surreali, con lo spirito di chi, anche solo per un attimo, esorcizza la fine della vita e ne fa un evento in fondo naturale, in poche parole con la disposizione d’animo con cui parteciperemmo al funerale di un conoscente o dell’anziana vicina. Nei dieci racconti che compongono questa raccolta non ci sono né emozioni forti né esagerazioni e i sentimenti emergono dai dettagli, dagli oggetti, dalle manie. In ciascun frammento narrativo la morte sembra assumere una posizione periferica per lasciare spazio al contegno di personaggi d’altri tempi, agli arredi delle imprese di pompe funebri, alle cose lasciate dai defunti, ai modelli delle bare, ai silenzi, agli imbarazzi e alle decisioni da prendere quando il momento della dipartita, nostra o altrui, arriva. L’accento è inevitabilmente posto su ciò che rimane ai vivi e ciò che dai morti viene perso, su un’emozione tutta materialista colma di una malinconia e un rimpianto stranamente briosi e rivolti al qui e ora. C’è l’uomo che trova un proprio senso esistenziale nella partecipazione alle esequie di sconosciuti e la cui dedizione diviene ben presto tentativo di tracciare i contorni della globalità di certi rituali, creare una sorta di esperanto della sepoltura, fino a trasformarsi in bisogno di trasmettere le proprie conoscenze e aspirazioni a un degno allievo (Il funeralista). Emerge poi, con sobria imponenza, la nota e competente impresaria di pompe funebri, il cui successo e la cui bravura risiedono nel comprendere che tipo di persona fosse il defunto e nel farlo felice cucendogli addosso la cerimonia che avrebbe desiderato, perché tutti – come si legge tra le righe di questo libro – prima o poi immaginano il proprio funerale. E la donna è talmente capace ed esperta da riuscire a sopravvivere alla morte diventando, come forse aveva vagheggiato, una specie di santa profana venerata dai concittadini (Maria Addolorata). In Guadagno Percetti sono invece i fiori d’appartamento a trovare una decorosa e attenta sepoltura grazie alla sollecitudine e alla sensibilità dell’omonimo protagonista, tanto zelante nel salvare gli steli morenti dai sacchi dell’immondizia, quanto introverso e privo di una socialità. E sono gli stessi fiori a far incontrare la solitudine dell’uomo e quella della vicina, peraltro esuberante e cordiale. Di tutt’altro tono, forse più umoristico e sagace, è Glamourt, in cui la fine della vita è, ogni mese, l’inizio e la linfa dell’avventura redazionale di una rivista specializzata in tutto ciò che ruota attorno alle onoranze funebri. Le rubriche su abbigliamento e bon ton, i reportage su personaggi conosciuti ed esperti del settore, i gadget in omaggio: gli ingredienti di pubblicazioni e rotocalchi patinati qua si amalgamano per formare un piano narrativo in cui si scongiura la morte celebrandola e forse uno in cui, in modo scherzoso, si dileggiano le abitudini di una certa editoria. Al pari di quest’ultimo, anche i racconti FuneraL e Quarantotto ci mostrano una realtà densa di atmosfere degne di un universo parallelo che si rivela però essere una rappresentazione grottesca degli eccessi del mondo dei vivi. Il primo descrive la visita a un parco divertimenti il cui tema è la morte, mentre l’altro ritrae un neo-defunto disposto in una sorta di spazio liminale e alle prese con un’inaspettata lungaggine burocratica i cui nodi si sciolgono con la creazione spontanea di pensieri, spesso piacevolmente interrotti dalla routine e dai discorsi di chi si muove all’interno dei locali in cui si trova. E ci sono anche gli accenti più garbati della signora che ha imparato a riconoscere l’odore della morte (Dama di condoglianza) e dell’uomo che, riflettendo sulle proprie ultime volontà, fa affiorare la passione per la vita con singolare generosità (Testamento). Spiccano infine, come a contrasto, le due facce del business delle esequie: Gaeta’, in cui un onesto impresario, fiero collezionista di modellini di carri funebri, accoglie le prime parole della figlia piccola – “morte” e funerale” – con lo stesso orgoglio che mette nel proprio lavoro e Graziosa, dove si specula sulla scomparsa degli animali domestici. I racconti, oltre ad essere legati insieme da un filo tematico, talvolta concedono a un personaggio di comparire in un’altra storia, elemento che rende ancora più omogenea un’opera già armonica e stilisticamente coerente. Tra l’uno e l’altro s’inseriscono poi degli intermezzi basati su un’unica, delicata trama che rafforza il senso ultimo dell’intero libro. Benedetta Palmieri, giornalista napoletana, mette in scena questa sua seconda fatica letteraria nella propria città senza mai cadere in forzature caricaturali o in macchiette sulla scaramanzia partenopea. Lo sfondo dell’ambientazione viene suggerito, ma non è mai insistito e le vicende potrebbero prendere forma in altre zone d’Italia, a conferma di quanto siano universali e consuete le umane idee sull’esperienza della morte e la bellezza della vita.
 
Elena Campani is a graduate student in Portuguese and Italian Studies at Harvard.
See also: Book Review, Italian