Menzogna

May 21, 2013
d'agostini

di Franca D'Agostini 
Bollati Boringhieri, 133 pp., 9.00 €

DALILA COLUCCI - Per un'eudemonia della verità

“C’è una teoria della verità di cui bisogna dare conto, ed è quella lanciata da Nietzsche negli ultimi decenni dell’Ottocento, e che ha avuto una certa fortuna, specie negli ultimi decenni del secolo successivo. Essa consiste nel sostenere che il concetto di verità è una specie di trappola del linguaggio, che vincola i pensieri e i discorsi, impedendoci di pensare e vivere liberamente. Ispirandosi a Nietzsche, o autonomamente, altri hanno poi sostenuto che il concetto Verità è un espediente escogitato dai filosofi, dai religiosi, dai dogmatici per obbligarci a credere a teorie ingannevoli e assurde”. È contro questo nichilismo aletico - proprio del secolo appena trascorso, reo di aver detto addio alla verità trincerandosi dietro contraddittorie teorie antirealistiche – che si leva Menzogna, ultimo libro di Franca D’Agostini, edito per la bianca collana “I Sampietrini” della Bollati Boringhieri: un agile viatico epistemico rivolto al moderno viator di una “società iperinformativa e ipercomunicativa”, al ricettore cybernetico e televisivo perduto nei labili itinerari operativi della verità e del suo contrario.
 
Inserendosi nel dibattito culturale contemporaneo, il saggio – che rappresenta l’ideale completamento della trilogia iniziata per la stessa casa editrice con Verità avvelenata (2010) e Introduzione alla verità (2011) – esamina la menzogna molteplice, vasta e poliedrica “nella prospettiva del concetto di verità”, che ha al contrario fragile e incorporeo statuto, messo altresì in crisi dalla vertiginosa crescita e democraticizzazione dei saperi e dei poteri, in atto dalla fine del XIX secolo. La verità, spiega D’Agostini - forte delle sue competenze in Filosofia della scienza e in Logica ed epistemologia delle scienze sociali, materie di cui è docente al Politecnico di Torino e alla Statale di Milano – è stata cioè progressivamente consumata “per eccesso”. Ambizione e scopo del libro è pertanto ripristinarne l’abusata nozione in chiave realistica ed euretica – confutando anche teorie rivali altre dal nichilismo, quali coerentismo e pragmatismo - per “difendere chi è vittima dell’inganno, chiunque egli sia, e smascherare la stupida furbizia o la sventurata malattia degli ingannatori”.
 
Liquidato il problema sollevato dalla logica classica del terzo escluso, argomentando convincentemente come la menzogna si situi proprio nella zona grigia che si estende tra la certezza del vero o del falso, D’Agostini ci prende dunque per mano e ci guida prima tra le più note teorie della verità; procede poi ad una definizione della menzogna, approdando a un catalogo delle sue innumerevoli tipologie: dalla menzogna semplice alla metamenzogna; dalla premenzogna alla menzogna ambientale; dalla menzogna senza menzogna a quella di semplificazione, di evidenza soppressa o di vaghezza; fino alla menzogna espansiva, difensiva, oppure ideologica; per non dire delle azioni affini al mentire, ma da esso subdolamente differenti, come la manipolazione e lo spinning. Le radici di questa menzogna cangiante e polimorfa – che agisce sulla realtà a un triplice livello: de se (su stati di cose), de re (su credenze ed emozioni) e de dicto (su linguaggi e concetti) – sono rintracciate nei pregiudizi, nelle semplificazioni e derealizzazioni, sempre più comuni nel nostro tempo, che generano conflitti cognitivi. Fugando i luoghi comuni, come quello che contrappone nettamente il concetto di verità a quello di menzogna (ma la praola alétheia, insegnano già i Greci, contiene in sé il germe dell’oblio: léthe), D’Agostini sfata inoltre i più comuni paradossi sul mentire e ne solleva degli altri: come quello del supermentitore che mente difendendo la verità; o quello della cooperazione sociale che non sempre è fondata sul dire il vero. Traccia quindi la differenza tra veridicità (“dire ciò che si ritiene essere vero”) e sincerità (che coinvolge invece gli scopi per cui si parla ed è relativa agli atti linguistici); e non manca di metterci in guardia contro l’uso della verità contro la verità, attraversando – col supporto di una ricca casistica esemplificativa - i temi della buona menzogna e della menzogna terapeutica, con relative implicazioni morali.
 
L’indagine – di limpido fondamento austiniano, per cui la menzogna è sempre considerata atto comunicativo prima che dato oggettuale e fattuale – tocca pertanto grandi questioni metafisiche e ideali, nell’ottica di un urgente riscatto della filosofia, da intendersi non come vano speculare, bensì come pratica di emergenza, assimilata alla parresia greca, che kantianamente difende, pur nella consapevolezza dei suoi limiti, il valore dell’intelletto e della conoscenza umana.
 
Nel rispetto di tali convinzioni – così come in ossequio al principio di trasparenza sostenuto nel libro - D’Agostini parla al lettore con mosse dirette e convincenti, conquistandone la simpatia e la fiducia. Lo stile nitido e terso e l’eccellente suddivisione (il libro si articola in quattro capitoli ben paragrafati, preparati da un’Introduzione programmatica e riassuntiva, che è forse la miglior parte del volume) fanno del saggio un vademecum utile e maneggevole, senza per questo deprivarlo di valore intellettuale: un solidissimo background filosofico, sapientemente tradotto in una sintesi altamente comunicativa, sostiene l’analisi; al tempo stesso, i riferimenti continui a figure quali Hannah Arendt, Foucault, Sant’Agostino, Sartre – per tacere dei più vari spunti cinematografici e letterari – fanno di Menzogna un risultato culturale spigliato e concreto.
 
D’Agostini provvede per altro a consegnare al libro – pervaso a dire il vero da una certa ansia classificatoria - alcune formule accattivanti: come il “test della trasparenza”, metodo vincente proposto per disinnescare le dinamiche linguistiche menzognere, inteso come “verifica della violazione della verità fattuale sulla base dell’estensione-esplicitazione degli enunciati”; o “l’arte di tagliare il reale”, già regola di Platone, il quale paragonava il lavoro del pensiero a quello di un macellaio: “L’arte di tagliare, che che è in definitiva l’arte di parlare, e di pensare, è l’unico strumento che abbiamo contro i distruttori della ragione fintamente razionali”. Alla ragione – essenziale complemento dell’uomo, laddove i mentitori sono assegnati alla categoria subumana delle scimmie, o al massimo a quella dei giullari – spetta insomma l’ultima mossa vincente: “è vero che ci sono molti modi di mentire, mentre la verità è una sola. Ma ciascuno di quei modi deve contenere in sé il vero che può distruggerlo, dall’interno”. Ribaltata l’asimmetria tra menzogna e verità, l’esito del percorso filosofico di D’Agostini risulta quindi decisamente positivo: è possibile indentificare la menzogna e reagire ad essa, qualunque sia la sua fonte, complice anche l’esplosione informativo-comunicativa dei social media che consentono, se usati criticamente, una più accessibile verifica della verità, suggerendo risultati incoraggianti in senso democratico. Ed è proprio su una speranza democratica (Eudemonia democratica si intitola non a caso l’ultimo paragrafo del libro) che termina Menzogna: solo tornando ad essere proprietà condivisa, nel mondo digitalizzato e partecipativo di Internet, il concetto di verità potrà infatti concretamente collaborare alla realizzazione di un progetto di sovranità e felicità collettiva.