Tunnel REvision: The Trento Tunnels

May 18, 2013
Tunnel REvision

a cura di Jeffrey T. Schnapp e Giuseppe Ferrandi
Fondazione Museo Storico del Trentino

ELOISA MORA – Le Gallerie della memoria 

“Come siamo capitati in questo tunnel, proprio non lo so... ma la invito a riflettere: ci muoviamo su rotaie, il tunnel deve dunque portare da qualche parte. Nulla dimostra che nel tunnel vi sia qualcosa di fuori posto, tranne il fatto che non finisce mai”: così Friederich Dürrenmatt dava voce all'incubo dello studente svizzero protagonista del suo racconto Il tunnel, cronaca della fatale deviazione ferroviaria del treno Berna-Zurigo che porterà i suoi passeggeri verso il centro della terra. È solo una delle molte testimonianze del valore simbolico assunto nel corso del tempo dalle gallerie: elementi di collegamento tra il visibile e l'ignoto, queste strutture sottopongono nello stesso momento a una costrizione motoria e all'estendersi di uno spazio longitudinale indefinito, determinando in chi le attraversa un doppio senso di tensione (dovuta al tuffo nell'oscurità) e liberazione (dovuta al proverbiale “ritorno alla luce”). Ma a partire dagli anni sessanta le gallerie sono divenute anche spazi propri della nostra vita quotidiana, e questo è vero soprattutto nel caso di molte zone dell'arco alpino, che hanno dovuto conciliare una lunga fedeltà all'ambiente con le nuove esigenze di mobilità. Ulteriori problemi nascono quando i vecchi siti stradali vengono chiusi: come reinserirli nel tessuto urbano e riutilizzarli in modo costruttivo? Magari trasformandoli in spazi espositivi che promuovano l'innovazione e lo scambio di idee? Non si tratta di un'impresa impossibile, e a dimostrarlo è un volume giallo e nero dalla copertina ruvida, a mimare la consistenza dell'asfalto: Tunnel REvision, il catalogo delle Gallerie di Piedicastello (Trento) curato da Jeffrey Schnapp, professore a Harvard e direttore del MetaLab, e da Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino. Nel 2007 Ferrandi, si trovava a dover riutilizzare per trasformarlo in un museo un sito stradale davvero particolare, le Gallerie di Piedicastello: due tunnel di 300 metri di lunghezza scavati all'interno del ripido Doss Trento, parte della tangenziale Brennero/Verona che all'inizio degli anni settanta aveva diviso la strada che collegava la piazza e l'antica chiesa di Sant'Apollinare del sobborgo di Piedicastello. A questo contesto si aggiungeva il fatto che sulla sommità del Doss Trento si trova il Mausoleo a Cesare Battisti, eretto negli anni trenta in memoria dell’irredentista giustiziato dagli austriaci nel luglio 1916 e simbolo dell'italianità del Trentino. Come far dialogare le Gallerie con il borgo e il suo passato? In che modo avrebbe dovuto rapportarsi il Museo Storico del Trentino – ideale erede del Museo Trentino del Risorgimento, nato nel 1923 – con quella monumentalizzazione della storia? A dare una risposta innovativa a questi interrogativi è stato un team interdisciplinare: Schnapp, direttore del progetto ed esperto di design, ha chiamato a collaborare lo Studio Terragni per la progettazione dell'allestimento, il Gruppe Gut Gestaltung di Bolzano per la grafica e scenografia, Filmwork (Trento) per la coordinazione del progetto e la produzione di materiali multimediali, insieme a Ferrandi e ai suoi collaboratori. L'obiettivo, spiega Schnapp in Tunnel REvision, era sviluppare uno nuovo spazio museale e “un'esposizione sperimentale sulla prima guerra mondiale basandosi sul vasto patrimonio archivistico della regione, in modo da raccontare come la guerra sia stata vissute da persone ordinarie – una storiografia 'dal basso' – e, così facendo, formulare una visione innovativa di come un museo di storia può fungere da istituzione di memoria collettiva”. Il fine è stato raggiunto grazie all'attenzione riservata alle caratteristiche fisiche proprie delle gallerie e del sito in genere: anziché nasconderle o snaturarle, si è cercato di rafforzarle e valorizzarle nella loro materialità. In occasione della mostra inaugurale Il popolo scomparso/ La storia ritrovata, dedicata alla Prima Guerra Mondiale, i curatori hanno differenziato i due tunnel a livello di aspetto e funzionalità, in modo tale da rispecchiare le caratteristiche materiali dei ricordi dell'epoca, tutti in bianco e nero. Come in una moderna fantasmagoria (gli spettacoli con proiezione di lanterna magica famosi nell'Ottocento), la galleria nera ha fatto immergere i visitatori nell'esperienza della guerra grazie all'apparizione di luci, frammenti dei film di Luca Comerio e registrazioni di lettere e testimonianze di persone ordinarie all'interno di uno spazio totalmente buio; alla galleria bianca è invece spettato il compito di tracciare una storia analitica del processo di ricezione e costruzione della memoria. Quest'impostazione ha riscosso un successo tale che il dualismo bianco/nero e la contrapposizione di uno spazio immersivo a uno analitico sono state conservate anche nelle successive edizioni, ma sempre in un contesto di costante flessibilità permesso dallo spazio modulare e dalle strutture mobili progettate dall’architetto Elisabetta Terragni. Parallelamente a questi interventi, un altro obiettivo del progetto è stato quello di ricucire gradualmente lo strappo all'interno del tessuto urbano, senza però cancellarne le tracce materiali: a questo scopo sono nati due giardini (uno alpino, l'altro con piante tipiche del confine veronese-trentino) situati alle estremità dei tunnel, ideali emblemi di una regione che ha da sempre collegato l'Italia e il Nord. A una prospettiva tradizionale che privilegia una gestione “dall'alto” e vede il museo di storia come un tempio della conservazione riservato ai pochi addetti ai lavori, il progetto delle Gallerie di Piedicastello risponde dando vita a uno spazio espositivo in progress originale e funzionale, che restituisce ai cittadini un pezzo di quartiere – e di memoria.